SIAMO PIÙ INTELLIGENTI DELLE FORMICHE?

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Una formica non è cosciente di sé, non ha capacità di manipolazione, non inventa nulla e non costruisce relazioni con le altre formiche, se non a scopo di pura conservazione della specie. Anzi, l’indole genetica di una formica è orientata esclusivamente alla conservazione del gruppo, a scapito del singolo. L’aspetto interessante è però che una formica, presa singolarmente, è infinitamente meno intelligente di un essere umano. Eppure, nello stesso tempo, un gruppo di formiche forma un’entità intelligente, talmente intelligente da di darci lezioni sul traffico.

In uno studio riportato su NewScientist , due ricercatori dell’Università di Dresda hanno infatti osservato il modo in cui diverse formiche collaborano fra loro per raggiungere una destinazione comune. Quando un gruppo trova una via congestionata, nel tragitto di ritorno al punto di partenza avverte le altre formiche e le fa deviare su un’altra strada. Grazie a una simulazione al computer è stato possibile verificare come questo comportamento, se applicato nelle nostre città, permetterebbe di snellire il traffico anche nei casi più complessi.

Ancora una volta, un insieme di entità dotate di una intelligenza fatta di istruzioni lineari forma un organismo molto più complesso della somma delle parti. È un tipico esempio di intelligenza collettiva. Verrebbe da chiedersi perché allora un gruppo di esseri umani risulti spesso meno intelligente di un singolo.

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Forse perché ognuno di noi è singolarmente più intelligente di una formica. Siamo consapevoli di noi stessi, e comprendiamo le relazioni causa-effetto, siamo quindi in grado di ragionare sul nostro futuro. Possediamo emozioni e sentimenti che influiscono sulle nostre azioni. Il nostro agire è quindi infinitamente più complesso di quello istintuale e meccanico di una formica, di un uccello in uno stormo, di un pesce gregario.

In un certo senso, la lungimiranza del singolo diventa quindi il limite dell’intelligenza collettiva. Anche se forse sarebbe opportuno parlare di illusione di lungimiranza. Vale infatti la pena chiedersi quanto riusciamo davvero a essere lungimiranti. Quando ci troviamo di fronte a situazioni semplici, limitate al contesto che possiamo esperire direttamente, siamo di certo intelligenti, ma lo siamo altrettanto al mutare della scala? Siamo abituati a pensare che il nostro futuro e il nostro benessere dipendano da noi in modo diretto, ma questa è una pia illusione. L’errore sta nel ritenere lineari le dinamiche del gruppo, che sono invece non lineari e diventano complesse appena sale anche di poco il numero delle variabili.

Figuriamoci quanto sia grande la nostra illusione quando, in un contesto di gruppo di migliaia o milioni di persone, ci illudiamo di predire e quindi adottare la strategia che ci dia il massimo vantaggio.

Per quanto elevata sia la nostra intelligenza, se siamo in tanti ha efficacia minima sul nostro benessere. Diventa quindi necessario affidarci a soluzioni collettive.

Sembrerebbe infatti che la direzione verso cui ci stiamo muovendo sia proprio quella delle intelligenze collettive, sempre più raffinate, tali da far invidia alle stesse formiche. Le ICT (Information and Communication Technologies) ci stanno fornendo un mezzo sempre più efficace per cooperare intelligentemente. Se è vero che alle formiche dobbiamo qualche ottimo spunto per il decongestionamento del traffico, a quanto pare siamo dei buoni studenti, perché impariamo e andiamo oltre. Il sistema Connected Drive, sviluppato da BMW, trasformerà nel giro di pochi anni la nostra idea di auto. Grazie a ConnectedDrive, la nostra auto sarà in costante collegamento con la rete di dati del traffico locale, evitandoci per quanto possibile gli ingorghi, segnalandoci veicoli pericolosi al di fuori della nostra visuale e comunicando con i semafori per dirci come prendere l’onda verde.

Per quanto possa colpire, in questo sistema ci sarà poca, se non nulla, partecipazione umana. Dov’è allora che la nostra intelligenza collettiva di esseri umani potrebbe manifestarsi in tutta la sua potenza? In quegli ambiti in cui sono già presenti da tempo intelligenze collettive, sotto forma di partiti, movimenti, ma soprattutto comunità.

Finora la cooperazione nella gestione di una città, ad esempio, era solo a livello indiretto. Si pagavano le tasse e si eleggevano dei rappresentanti che si occupavano dell’amministrazione, ma oggi lo scenario sembra destinato a cambiare. Non più il mandato all’intelligenza del singolo, ma lo sfruttamento dell’intelligenza del gruppo.

Si parla sempre più spesso delle Smart Cities, centri urbani che puntano a uno sviluppo economico e ambientale sostenibile e a una elevazione della qualità della vita. Si potrà girare per la città e avere informazioni su quanto sta succedendo davanti ai nostri occhi grazie a un tablet e alla realtà aumentata, contribuire al monitoraggio dell’inquinamento delle strade in tempo reale, eseguire mappature del rumore, rilevare e informare di una inadeguata illuminazione stradale, o semplicemente segnalare un cassonetto quasi pieno. Se ne parla come di una rivoluzione digitale, ma in realtà computer e infrastrutture di comunicazione saranno soltanto strumenti messi a servizio dei veri protagonisti: noi.

Dice Komninos – autore di articoli e testi di riferimento sulle Smart Cities (Intelligent Cities: Innovation, Knowledge Systems, and Digital Spaces):

“Usiamo il termine ‘città intelligente’ per caratterizzare aree (comunità, quartieri, distretti, città, regioni) in grado di supportare l’apprendimento, lo sviluppo tecnologico e le procedure d’innovazione da un lato, con spazi digitali e con elaborazione delle informazioni, trasferimento di conoscenze e strumenti tecnologici dall’altra. In questo senso, ogni città digitale non è necessariamente intelligente. Ma ogni città intelligente è digitale.”

La struttura concettuale di una Smart City prevede infatti tre dimensioni. La prima dimensione è rappresentata dalle persone, dalla loro creatività e intelligenza, la seconda è l’intelligenza collettiva, come principale forza in grado di garantire la sostenibilità, e la terza è la struttura digitale. A dire che non è un caso che l’idea delle Smart City stia prendendo piede solo oggi. Le ICT sono infatti strumenti fondamentali per la nascita e il coordinamento delle intelligenze collettive necessarie alle Smart Cities.

Per la prima volta vediamo all’orizzonte una collettività intelligente, che sappia esaltare le potenzialità dei singoli e non frustrarle. Possiamo essere serviti o servircene, essere digitali o essere intelligenti, essere meno della somma delle parti o essere molto di più.

La scelta spetta a noi.

Articolo scritto originariamente per www.ghiaccionove.com

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