Io penso che uno dei modi principali per progredire, a tutti i livelli e da tutti i punti di vista (in primis dentro di noi, come sempre – l’albero non può crescere al di fuori se non si radica in profondità) sia accettare i nostri limiti.
Solo così li superiamo.
Banale, ovvio, ma non scontato.
Ogni volta che ci sentiamo sensibili rispetto a un nostro limite (che sia perché ce lo fanno notare esplicitamente, non esplicitamente o anche solo se parlano di qualcun altro e ci sentiamo tirati in ballo – anche senza fondamento) possiamo seguire un approccio istintivo, oppure utile.
L’approccio istintivo è di negazione, ovvero di giustificazione. O neghiamo questo limite, oppure lo giustifichiamo, oppure pensiamo che chi ci giudica (più o meno esplicitamente) non abbia capito abbastanza.
Dunque ci arrovelliamo alla ricerca delle cause, delle spiegazioni, delle possibili giustificazioni, ma difficilmente ne usciamo. Perché il problema non è mai come gli altri percepiscono il nostro limite, ma come noi ci sentiamo rispetto a questa nostra mancanza. Possiamo quindi convincere qualcun altro, ma se siamo onesti intellettualmente è ben più difficile convincere noi stessi.
L’approccio utile invece è di resa positiva: se io percepisco per primo questo limite come un problema significa che, in fondo, mi sto dando anche un’opportunità per superarlo. Sono solo troppo pigro e spaventato per farlo. E se è vero che voglio superarlo, mi devo mettere nelle condizioni di farlo: devo smettere di ribellarmi all’idea di avere un limite e arrendermi.
Dunque accetto il limite. Affronto il dolore che la sensazione di averlo mi provoca e mi metto all’opera, lavorando su me stesso per andare oltre.
Abbandono un approccio analitico, alla ricerca delle cause e delle possibili giustificazioni. Adotto un approccio utile.
Sempre, ovviamente, più facile a dirsi che a farsi.
