PERCHÉ L’AI RESTERÀ SEMPRE UNO STRUMENTO

L’intelligenza artificiale e i robot stanno per rivoluzionare il mondo in un modo che la storia dell’umanità non ha mai visto.

Se riuscissimo a trovare un modo per attingere dalla materia l’energia in modo più efficiente e con un fattore di guadagno più alto rispetto alle attuali tecnologie (per esempio con una sempre meno fantascientifica fusione fredda), i robot potrebbero essere di gran lunga autosostenibili e gli uomini non sarebbero più convenienti in nessun lavoro fisico. Potremmo, cioè, aver risolto definitivamente il problema della fatica umana e forse dello sfruttamento fisico dell’uomo verso l’uomo.

Difficile vedere aspetti negativi di questo specifico scenario, in cui sparirebbero i lavori usuranti, stranianti, disumani, gli infortuni e le malattie e le morti sul lavoro, eppure c’è chi non fatica a farlo. Forse però chi non fatica a vedere gli aspetti negativi di questo scenario è proprio chi si è da sempre eretto a tribuno dei diritti dei lavoratori, ma che paradossalmente da tutte queste disumanità ha sempre tratto vantaggio. Lavorando poco e niente, s’intende.

I robot sostituiranno appieno il lavoro fisico dell’uomo. Questo avverrà grazie al supporto dell’intelligenza artificiale che li “animerà”. Non c’è dubbio su questo.

Allo stesso modo, anche nelle attività meccaniche che riguardano la mente le intelligenze artificiali si sostituiranno all’uomo. La domanda però è: le AI e i robot potranno mai replicare completamente l’essere umano? O essergli superiori? Essere “migliori”?

La tesi di questo articolo è: dipende. Ma molto probabilmente no.

I computer ci battono a scacchi. Una calcolatrice scientifica è in grado di fare calcoli per cui l’uomo più abile nel calcolo di tutta la storia impiegherebbe decenni. ChatGPT è più “colto” di qualsiasi essere vivente che potremmo mai conoscere e forse già un miglior problem-solver di un professionista di media qualità, benché a volte contraddittorio e in errore. Le intelligenze artificiali risolvono problemi complessi che molti uomini non sarebbero in grado neanche di approcciare. E questo è solo l’inizio: stanno per prendersi la scena i computer quantistici, che accelereranno il processo di evoluzione delle intelligenze artificiali di ordini di grandezza impensabili.

Ci stiamo dimenticando della complessità della Natura però, ovvero della Realtà. Ovvero di Dio.

Nella Bibbia è scritto che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. C’è qualcosa di profondamente vero in questa affermazione, che si creda o no (chi scrive, per esempio, non crede in nessuna religione).

C’è qualcosa di divino nell’uomo, e a dire ciò non si vuole esaltare l’essere umano: non si intende con ciò sostenere una particolare superiorità o unicità dell’uomo, ma dire che nell’uomo si ritrova la complessità della Natura, nell’uomo si sostanzia la complessità della Realtà.

Naturalmente ci si potrebbe chiedere perché questa complessità non sia replicabile in modo artificiale. Lo è sicuramente in parte, e stiamo assistendo senza dubbio all’inizio di un processo di replica molto lungo e fruttuoso.

Ma alla base della vita cosciente ci sono una complessità e un mistero che ci sfuggono. Abbiamo capito la Logica che regola il pensiero razionale con il progresso della Filosofia occidentale e su questo abbiamo costruito le intelligenze artificiali, ma ci manca ancora molto, moltissimo: non abbiamo capito tutto il resto.

Al parere di chi scrive, al momento chi pensa che l’Intelligenza artificiale possa sostituire appieno il pensiero umano si qualifica: questa sua affermazione dice molto di più dell’inclinazione del suo pensiero, piuttosto che della possibilità delle macchine di sostituire il nostro.

In altri termini, per replicare ciò che siamo dovremmo anzitutto conoscerci a fondo, ed è evidente che siamo ben lontani dall’averlo fatto. Il tema è se saremo mai in grado di conoscerci completamente e se la nostra intelligenza (magari proprio col supporto dell’AI) sarà in grado un giorno di comprendere l’intelligenza più complessa che ordisce il mondo e noi stessi.

La Fisica ha spiegato molti fenomeni macroscopici. Soprattutto, ha spiegato ciò che accade nella relazione tra la meccanica, la massa e l’energia a livello macroscopico, ma fatica ancora molto a spiegare ciò che accade nel mondo microscopico, dove si presume sia il mistero della nostra coscienza. La Fisica, cioè, fatica ancora moltissimo a creare un modello che spieghi i possibili nessi tra il mondo inorganico e quello organico cosciente, e i tentativi in tal senso, come quello di Pauli e Jung, vengono spesso, tuttora, miopemente ridicolizzati.

E ancora più a monte di questo, non sappiamo perché si sia passati dalla materia inerte a quella vivente, e da quella vivente a quella cosciente, ammesso che ci sia differenza e non sia una differenza esclusivamente linguistica. Quand’anche si voglia dire che sia un passaggio “casuale”, bisogna stare attenti a cosa si intende per casualità, perché è possibile che chiamiamo casuale solo qualcosa di cui non abbiamo la potenza intellettiva per capire l’ordine.

In sostanza, le Scienze hanno sicuramente compreso molto del funzionamento meccanicistico dell’essere umano, ma ignorano ancora moltissimo di tutte le altre dimensioni.

Non sappiamo perché abbiamo sviluppato tutta la dimensione umanistica, che non si spiega tirando in ballo il modello della conservazione della specie. Non sappiamo cosa sia il sogno, ma soprattutto perché sogniamo (sappiamo darne solo una spiegazione meramente neurologica). Non sappiamo cosa sia il dolore e cosa sia il piacere (sappiamo spiegare solo la loro utilità), e perché per ottenerli rischiamo persino l’annullamento e la morte. Siamo molto lontani dal capirlo. E forse non lo capiremo mai.

Quindi, finché non sapremo cosa siamo non potremo replicarci, potremo solo potenziarci. Finché non sapremo cosa ci porta ad annoiarci della comfort zone e a spingerci in zone inesplorate, a rischio della vita, finché non sapremo perché alcuni esseri umani, a differenza degli animali, hanno superato l’istinto di sopravvivenza, finché non sapremo perché la nostra dimensione meccanicistica probabilmente è solo un supporto evoluzionistico, una componente della nostra evoluzione che diventerà vestigiale, le intelligenze artificiali saranno solo uno strumento, potentissimo, ma solo uno strumento a servizio dell’uomo. Nel bene e nel male.

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